"Le fate ignoranti" di Ferzan Özpetek

Quando dici Özpetek pensi ad un sacco di cose. Famiglie allargate, amori finiti e appena iniziati, omosessualità. E poi, su tutti, troneggia la cucina. Già ti immagini quel tavolone di legno grezzo lungo più o meno tre metri e largo uno, in cui stanno seduti comodi comodi in dodici, stringendosi un po’ anche in quattordici. E i personaggi che parlano dei grandi temi del cuore, delle emozioni, della morte, magari anche con la bocca piena, come si fa nella vita.

Nel sempre lovely "Le fate ignoranti" c’è una scena celebre in cui si mangiano le famose polpette che Massimo, il defunto, fedifrago, marito di Antonia, cucinava la domenica per i suoi amici segreti. Nel film la ricetta, Massimo, se l’è portata nella tomba. La rocambolesca Serra, portinaia/amministratrice/comare non si dà pace:

Serra: Devi dirmi dov’è che ho sbagliato. Forse c’ho messo troppo arancio.

Antonia: No, ti prego. Appena sveglia, no!

Serra: A lui non gli venivano così! Mela grattugiata, peperoncino, cotte nella cipolla e nell’arancio, o forse non ci andava la cipolla?

Antonia: Non lo so.

Serra: Ah, pensavo gliele avessi insegnate tu! Massimo le faceva sempre.

Antonia: Massimo cucinava? …

Serra: Certo che cucinava ed erano i momenti più belli con lui!

Io, reclusa, ho un quinto degli ingredienti che ci vorrebbero per fare proprio quella ricetta (e poi se c’è una cosa che mi piace nella mia improvvisatissima cucina creativa è usare quel che ho, un po’ inventando, sennò non mi diverto!). Quindi le ho fatte con le lenticchie rosse, poi passate nel pangrattato e nelle briciole di pistacchio. Ma dico che Ferzan approverebbe comunque alla grande.