La mia psicologia

Come mi piace lavorare

La mia terapia accompagnerà il paziente a riconnotare positivamente, o quantomeno in un modo emotivamente più tollerabile, quegli squilibri faticosi che caratterizzano il suo qui-e-ora. Il “viaggio” che faremo insieme non sarà prettamente rivolto al trattamento del sintomo, ma alle situazioni relazionali che lo hanno generato: metteremo in movimento quello sforzo utile a sbloccare il suo sviluppo, a rinarrare la sua storia. 

L’intero percorso avrà l’occhio sul paziente e sulle relazioni significative della sua vita: l’attenzione sarà rivolta principalmente alla dimensione interattiva. 

Considero l’identità individuale come l’esito di un corso di eventi e di un percorso di relazioni, più o meno significative, che il paziente ha intrattenuto nel tempo: in quest’ottica capita spesso che le radici di un’eventuale problematica non debbano essere trattate quali caratteristiche costitutive della persona, ma come frutto di esperienze relazionali e di contesti diversificati.

Mi piace pensare di poter costruire insieme al mio paziente un nuovo significato delle sue difficoltà personali e/o familiari, per arrivare a rileggere gli eventi e le situazioni di disagio che gliel’hanno portato, magari anche rivedendo quelle regole implicite/esplicite solidamente acquisite negli anni, che lo frenano nella libera espressione delle sue emozioni più profonde. Talora mi capita di lavorare con il corpo: posso chiedere di dare una forma e colorare le proprie emozioni o agire le posizioni del proprio "sentire", così la modalità terapeutica all’interno di una visione olistica sviluppa un senso di complementarietà tra psiche/soma e li riconduce all’interno dello stesso confine. È un lavoro intenso e toccante, che permette il collegamento tra quelle parti di sé che sono state separate tra loro, o perlomeno percepite come tali: si arriva a sperimentare e ad apprezzare la totalità formata da ciò che precedentemente era stato avvertito come scisso, diviso. Come dire: un buon passo per ritrovare testa, cuore e pancia (... e piedi!) ri-allineati.

In fondo la “tela bianca” del paziente sarà il mio punto di inizio; lavoreremo congiuntamente per consentirgli di mettere in discussione il repertorio interpretativo: il suo, ma anche il mio. Ognuno per il suo pezzetto di responsabilità. Perché ci sono anche io in quella terapia, io – e non un’altra. La mia, di storia: e quello che sono diventata oggi.

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