"È meglio aver amato e perso che non aver amato mai." (A. Tennyson)

Se almeno una volta nella vita sei stato lasciato e sei caduto nella disperazione più nera, in un vicolo buio e melmoso senza via d’uscita... la domanda che torna e ritorna è: ma si può soffrire così tanto per amore? 

Da poco ho letto qualcosa di Helen Fisher, antropologa e psicologa, grande esperta di relazioni. Bypassando qualunque teoria psicanalitica, comportamentale, cognitiva, sistemica, etc. la nostra Helen si è affidata al mondo delle neuroscienze per capire quale area del cervello si attivi quando soffriamo per amore, con l'intento di descrivere ciò che accade nel corpo da un punto di vista biochimico. Sissi, avete capito bene: corpo, soma.

"Il fatto che l'amore si attivi nel profondo del tronco encefalico, dove risiedono i circuiti degli altri istinti vitali, ci fa pensare che faccia parte del nostro sistema di sopravvivenza." La Fisher e il suo team hanno riscontrato un'attività più intensa nella cosiddetta area tegmentale ventrale, dove si collocano le emozioni che conseguono all'orgasmo e all'innamoramento, nonché quella sensazione liberatoria tipica di una persona che ha appena fatto uso di cocaina — oppure di una persona che dopo tanti stenti, placa finalmente fame e sete. Da questa scaturisce il sistema dopaminergico, che in gergo si definisce il "sistema della ricompensa", che provvede al rilascio di dopamina, quella cosina che tanto ha a che fare con le nostre sensazioni di benessere. Apparentemente potrebbe sembrare controintuitivo che una questione amorosa possa addirittura sconvolgere un'area cerebrale, eppure gli studi sono stati ampiamente confermati da un lavoro accurato su cavie in laboratorio.

L’ipotesi della psy è che all'origine dell'amore romantico ci sia una profonda dipendenza evidenziata dall'attività delle regioni cerebrali del VTA e del nucleo caudato, che è una parte del sistema di compensazione. Tradotto: di fronte all'amata/o le persone si comportano come con le dipendenze da sostanze. "Probabilmente è questo il motivo per cui l'amore è così difficile da controllare."

Ma se l'amore ci rende bramosi quanto una droga, ciò significa che dopo la separazione si è costretti a lasciarsi la dipendenza alle spalle. "È importante non avere più niente a che fare con la persona che ci ha lasciati", sostiene la mia nuova eroina. Pensiamo all’alcolista, al tabagista: quando decide di smettere di bere, o di fumare, spariscono tutte le bottiglie, o le sigarette."

Ed ecco il paradosso: "Non esiste alcuna medicina che possa aiutarci." L'unico rimedio è compensare la mancanza di dopamina con altri mezzi, tra cui l'attività aerobica. Lo stesso vale per tutte quelle attività che ci fanno scoprire cose nuove. L'attività sportiva, una su tutte, aumenta il livello di serotonina e riduce i dolori corporei. E poi, e qui forse non serviva proprio scomodare la Fischer, cosa fondamentale da fare è eliminare tutti i ricordi che ci fanno pensare ai nostri ex. Tanto banale quanto vero: più entriamo in contatto con il nostro ex, anche solo virtualmente, con un’immagine, una story visualizzata su Instagram, una foto rimasta appesa all’anta dell’armadio delle scarpe, più il nostro sistema dopaminergico reagisce. Ossia, per dirla con le parole dell'antropologa: "Pensavo che l'amore fosse un insieme di sentimenti, ma in realtà è semplicemente un impulso originario."

Cioè, per capirci. L’amore sprona a ottenere l'oggetto desiderato anche a livello biochimico: e dopo una separazione, ancora di più. Colpa del cosiddetto impulso originario. "Il fatto che l'amore si attivi nel profondo del tronco encefalico, dove risiedono i circuiti degli altri istinti vitali, ci fa pensare che faccia parte del nostro sistema di sopravvivenza." Fisher insomma assimila il dolore fisico di una persona che soffre per amore con "una gamba rotta". In generale, i pensieri legati al cuore spezzato equivalgono ad una ferita: "... perché possiamo rivivere gli spasmi fisici legati al ricordo della perdita anche dopo anni."

Quindi l'amore non è altro che una dolorosa imitazione della dipendenza da stupefacenti? A quanto dicono gli studi della Fisher, non proprio: qui si tratta anche di altro. "L'amore è una dipendenza naturale, ed è sopravvissuto a millenni di evoluzione attraverso la selezione naturale. Le coppie che si proteggono l'un l'altra hanno maggiori possibilità di proteggere i loro figli." Le droghe portano a una forma di dipendenza che non ha alcuna utilità evolutiva. Le coppie che sviluppano questa dipendenza, invece, riescono a proteggere la prole. E ciò è vitale per la sopravvivenza della specie.

Insomma, al solito, un colpo alla botte e uno al cerchio: non tutto il male viene per nuocere, ma quando fa male... che male che fa.