Il caso di Tonino

In questo periodo di chiusura, dove non sempre riesco a portare avanti la terapia online (perché il paziente non ha voglia, non ci sono le condizioni di privacy, c’è una cattiva connessione...) mi sono inventata dei metodi alternativi per stare comunque in un contatto bello, magari saltuario, ma che sappia ‘di cura’. Uno di questi è quello delle mail. Da poco un paziente, che qui chiamerò Tonino, in una bella mail conclude: ‘Vorrei chiederti una cosa Silvia: secondo te la vita di ognuno di noi è spinta dal destino, o possiamo crearci anche noi il nostro destino?!’

A Tonino sono particolarmente legata: un uomo mite di circa quarant’anni, lasciato in autunno dalla moglie e che si è trovato costretto per le circostanze a tornare a casa della mamma, anziana non autosufficiente, che vive con la badante. Tonino ha definitivamente intrapreso la via giudiziale della separazione ad inizio anno: la (quasi) ex da mesi insisteva per le ‘carte da firmare’, lui piangeva e mi diceva che non era pronto. Intorno a fine febbraio, dopo tutta la sofferenza di questa separazione non voluta, si stava (timidamente) risollevando: pensava alla primavera come un’occasione per riprendere in mano una sua vecchia passione, quella della bicicletta da corsa, che si era regalato da poco e teneva, ancora nuova e pulita come un santino, in camera da letto, appoggiata all’armadio. Si sarebbe poi finalmente trovato un ‘nido‘ comodo da arredare, avrebbe fatto lunghe camminate all’aria aperta e immaginava di avere qualche occasione in più per uscire con gli amici e socializzare. Poi, il lockdown. Cassa integrazione e permanenza domestica forzata.

Leggo la sua domanda con tutte queste premesse alle spalle.

Gli rispondo volentieri, con quella tenerezza particolare che sento di avere  per Tonino - vi metto qui solo un primo pezzo: ‘È vero che quando nasciamo, tutti abbiamo delle ‘carte‘ in mano: quelle carte e non altre, il che vuol dire che siamo nati in un determinato ambiente, tu sei nato a Piacenza e non a Milano, ma neanche in Cina o in Africa, sei nato in quella famiglia, con tutti i suoi problemi, poteva andare meglio, poteva andare peggio. Questo è il contesto, il ‘destino’ già scritto, se vuoi.

Da una parte ci sono gli orientali, con una bellissima cultura sull’accettazione di tutto quello ‘che non si può cambiare‘ e sono veramente bravissimi in questo, noi occidentali facciamo decisamente più fatica... fino ad arrivare agli Stati Uniti d’America, l’emblema (stereotipato, ma neanche poi troppo) del Self-Made-Man e che ha completamente in mano le redini del proprio destino.

Insomma: io voto per una via di mezzo...

Ci sono cose per le quali non possiamo ‘combattere‘, capitano e basta: mi viene in mente il covid, per esempio, qui e ora, così violento come non altrove o in un altro momento storico, una malattia, un incidente; altre che non sono scritte nel vento o nella terra... ma che determiniamo NOI, con le nostre scelte.’

In mezzo qui ci sta di tutto. La scelta sofferta di Tonino della separazione, subita e non agita, un tempo tutto suo: lento, morbido, graduale, che sembrava finalmente essere quello della ‘rinascita‘ e che invece, insolente e spietato, gli ha tolto di colpo quella visione prospettica che andava via via allargandosi. La fatica di sentirsi solo, mai come in questo momento: il ‘destino’ beffardo dell’impatto sociale di questo virus e delle sue conseguenze, che gli ha portato via quelle piccole cose immaginate, (piccole, ma grandissime per lui!) per ricominciare da una speranza concreta.

Ripartirò con Tonino dalla fase 2 e le ‘piccole‘ aperture che ci saranno consentite saranno anche le sue: piccole, ma grandi conquiste.