I silenzi nella terapia online

Faccio outing, così.
Ammetto candidamente di essere sempre stata un po' riluttante nei confronti della psicoterapia su Skype e ho fatto un po' di resistenza, soprattutto dentro di me.
L'idea preconcetta di mettere in campo qualcosa di diverso (eh già... cambiamento e strenua resistenza-al-cambiamento, ehm, vi dice niente?!) del non-contatto, del non-verbale un po' celato (spesso ci si vede solo dal busto in su, che poi fa un po' ridere no? Perché ci si immagina vestiti smart nel pezzo sopra e con il vecchio pigiama a quadrettoni e le pantofole di pelo con la faccia di un cinghiale ai piedi).
Eppure: di colpo la vita fa irruzione, violenta e inesorabile, le circostanze impongono nuove forme di comunicazione, di supporto, di accoglienza, d'aiuto. Creatività, è la nuova parola d'ordine. Riconvertire le priorità e le scelte di vita.
Al quarto giorno di "fermo", lasciando da parte tutti gli # più o meno improbabili che circolano, ho imparato un'ulteriore lezione: a 40 come a 20, non si finisce davvero mai. Anzi, ben due.
La prima: l'inutilità di avere delle visioni pregiudizievoli che ci possono precludere nuove prospettive.
La seconda: in videochiamata ho trovato con il mio paziente un contatto libero, delicato e sottile, via la stereotipia negativa della distanza spaziale e della lontananza: addirittura in due regioni diverse, fino a ieri divise da quella sottile-linea-rossa. Via "la pelle", anche: solo tanto sguardo e modulazione della voce. E così anche i silenzi hanno dato nuovo significato alla nostra vicinanza.
È cambiato il setting: una battuta sul bel colore del legno della sua cucina sullo sfondo, una sfumatura più intima, anche più calda.
L'opportunità nella sventura, ecco, lo dico sempre, io.