Fermati tu che mi fermo anch'io

Ci siamo fermati con la speranza di far fermare anche i contagi.
Quel che ho tenuto in movimento per tutto il we, oltreché i pensieri, che quelli cucù che si fermano, un po’ grigi, a tratti neri (ma se mi impegno un po’ li coloro): le mie mani. Hanno pulito, lavato, spostato, buttato cose, organizzato, riorganizzato e poi di nuovo organizzato. Hanno fatto finta di riordinare lo spazio per renderlo più funzionale e pratico. (Così finalmente potrai trovare tutto-tutto e subito-subito, Silvia, ma ovvio. Anche l’ispirazione.) Hanno aperto e sfogliato libri, cliccato (prima pazienti, poi impazzite) sul telecomando di Netflix (sconsiglio tenacemente la serie Freud, consiglio caldamente di guardare 'a puntate' The irishman). Hanno buttato in piedi una caccia al tesoro domestica. Hanno un po’ fatto cose a caso.
Hanno impastato e infornato gran cookies americani (siamo italiani: è da un po’ che smanettiamo in cucina pur di...), con lo zucchero di canna e il fondente. Che a vedersi sembravano più frittelle che cookies, ma giuro: buonerrimi. E non so se fosse cibo da fame emotiva, compensativo, anestetizzante o chissà che altro, come direbbero tanti miei colleghi, certo è che si è trattato di una coccola burrosa e piena di cioccolato: ‘na botticella alla serotonina secondo me l’ha data.
Preoccupatissima dentro, ma operosissima fuori. Che altro posso.
«Le mie responsabilità coprono tutte le operazioni dell'astronave, quindi sono perennemente occupato. Utilizzo le mie capacità nel modo più completo; il che, io credo, è il massimo che qualsiasi entità cosciente possa mai sperare di fare.» (Cit: Hal9000, occhei, e qui si capisce che ho rivisto anche 2001 - Odissea nello spazio.)
Ora, l’unica cosa che ho provato a non fare: annoiarmi. Eh no, in questi tre giorni quelli non me lo sono mica voluto concedere. Tiè.