E se mi guardi con quegli occhi grandi... forse un po' troppo sinceri

Ho letto da qualche parte che Prince non permetteva ai suoi impiegati di guardarlo: ha addirittura licenziato un tipo perché si era sentito osservato. Della serie: perché mi guarda questo qui? Ditegli di andarsene.
In America hanno già coniato la definizione per questa grandissima provocazione: eye-contact. Non ancora inserita nel DSM, ma aspettiamo fiduciosi.
Guardare è considerato immischiarsi, ‘toccare a distanza’: perché gli sguardi sono corpo, altro che passività e passività.
E non serve essere catapultati in questo mondo disperato per imparare che uno sguardo è un’arma potentissima, che può produrre o privarci di particolari emozioni, ma anche un atto contemplativo, estetico, creativo, mistificatorio. Un puntatore sociale: produce la qualità dell’attenzione - bella, piena, intensa - che trasporta con se’, rappresenta lo strumento in cui ci si afferma, ma per davvero.
Quindi: come poter pensare che non ricambiare uno sguardo non produca nessunissimo effetto collaterale?
Allora, diosanto, in un mondo di mascherine e distanze di sicurezza io li guardo bene bene con gli occhi che sorridono:
- il mio vicino ciabattato e con le ginocchia molli della tuta che butta la monnezza,
- il tizio che nel frattempo passa per pisciare il cane,
- il lavoratore di attività essenziali che (come la sottoscritta) ancora si sta alzando al mattino per andare a lavorare.
Alla faccia di Prince.