Ricordi

"Abita i ricordi belli, indossali nelle giornate difficili."
 
Questo sarà il mio primo Natale senza la mia nonna ultranovantenne. Chi mi conosce bene sa quanto ci fossi affezionata.
Il pensiero di nonna, delle sue perle, delle unghie con lo smalto color pesca, della ricetta degli anolini trascritta a mano in un meraviglioso quadernone a quadretti, i tupperware pieni di brodo o di ragù (che poi si lamentava che non le ritornavano mai indietro)… mi apre un cassetto di ricordi dolcissimi e infiniti. 
 
Nelle giornate brutte, quelle che definiamo NO, siamo abilissime ad utilizzare mille strategie: nasconderci sotto le coperte, mangiare qualcosa di morbido che abbia una consistenza consolatoria, fare esercizi con l’illusione di scaricare le energie negative, indossare il vestito porta-fortuna, quello preferito.
 
E se invece provassimo a “vestirci” con il nostro miglior ricordo?
 
So che noi terapeuti siamo spesso associati al traffico di brutti ricordi. 
Sapete che cosa vi dico?
Mi piacerebbe venire immaginata come una che scava, sì: una speleologa. Ma di felicità sepolte. Pezzi di un puzzle lontano nel tempo, da disseppellire.
 
Rispolverare le vecchie foto, aprire album (avete presenti quelli con il cellophane che si incollava sopra, pagina per pagina?), oppure anche solo scorrere la gallery del cellulare di quest’ultimo anno, ci aiuterà a mettere le cose in prospettiva: non è andato tutto solo male, non abbiamo avuto solo le giornate NO e le pale dei mulini donchisciotteschi nei denti.
 
E le giornate buone torneranno, eccome!
Perché il malessere è momentaneo, non è una condizione eterna.
 
E soprattutto perché la qualità delle nostre giornate è qualcosa di complesso. Stratificato come una millefoglie alla crema chantilly. 
Dipende (anche) dalla qualità dei nostri pensieri e dall’attitudine con cui scegliamo di vivere ogni momento. Fuori e dentro casa, con le relazioni più lontane e quelle vicine, quelle che ci siamo scelte.