Manipolatori di anime

Tante volte in terapia usiamo la parola manipolazione, ma spesso mi accorgo che si rischia di non comprendere veramente il significato più profondo che il termine implica se ciascuno di noi - terapeuta/paziente - partiamo da premesse diverse, che se non esplicitate possono creare ulteriore confusione.

Quello che io intendo con manipolazione non si può definire una bugia vera e propria: in fondo il bugiardo sa quando mente e quanto tradisce. Ce l’ha ben presente.
Il manipolatore tendenzialmente no, glissa, arriva a credere davvero alla sua narrazione. Prende spunto di volta in volta da qualcosa che probabilmente un giorno è anche successo davvero, è anche stato detto davvero: a lui o magari non a lui, ma in un contesto completamente diverso, con un senso completamente diverso. Il manipolatore è un grandissimo chef: lo trita, lo frulla, lo gira, lo mescola con quanto la persona che ha davanti in quel momento gli sembra voglia sentirsi dire. Ed è bravo, ma che dico, bravissimo: usa il tono, il ritmo, le argomentazioni che sono per quella persona più familiari. Ecco perché il manipolatore fondamentalmente seduce, ecco perché spesso è difficile smascherarlo.

E poi ha un’altra abilità: riconosce istintivamente i deboli e sfrutta proprio quelli per legare a lui la vittima; fa un po’ come il medico generico che tasta il paziente e chiede: fa male qui? e qui? E invece di dargli la medicina giusta continua a spingere.