"Quello che tu non vedi" di Thor Freudenthal

Quello che tu non vedi è un titolo che c’azzecca pochissimo, niente a che vedere con quello originale, Words on Bathroom Walls, che allude in modo evocativo al lato oscuro che accomuna tutti coloro che almeno una volta hanno scribacchiato nefandezze sui compagni o gli insegnanti sui muri dei bagni di scuola. (Tipo quelle degli autogrill, ma peggio, perché almeno lì sono perfetti estranei, ecchecazzo).

Titolo a parte, un teen movie che direi si lasci vedere proprio bene, almeno per la capacità di trattare con quel giusto mix tra la profondità (beh, evidentemente intendo quella ALMENO tollerabile ad un adolescente!) e l’ironia con cui alleggerisce un tema così scomodo e così respingente come la salute mentale.

Il protagonista, faccia d’angelo e pelle d’ebano, in procinto di prendere il diploma, se la smazza tra primi amori e un po’ di bullismo, conflitti con i genitori (pure separati) e la solita ricerca adolescenziale della propria, sgarruppata identità. E fin qui ghe semo con tutta l’America facilona de’ noatri.

Eppure la schizofrenia del giovane Adam viene trattata con particolare cura e grazia, dalla personificazione delle sue tante identità ad mondo interiore nero e spaventoso, corrotto da voci e suoni disturbanti che in qualunque momento possono prendere il sopravvento.

Alla fine vince su tutto e tutti il vecchio adagio basagliano, ribadito dal giovane in una scena finale, occhei, forse un po’ scontata, ma piena di tenerezza, che tocca le corde della commozione di chi guarda (sulle mie ha avuto la meglio, perlomeno). Perché chi è ‘abitato’ dalla malattia potrà combatterla e magari riuscire a compensarla, oppure no, ma certo è che non È quella malattia.