La Schema Therapy
La Schema Therapy è una forma di psicoterapia sviluppata da Jeffrey E. Young per il trattamento dei disturbi di personalità e per tutte quelle difficoltà cronicizzate (ansia generalizzata, depressione, disturbi alimentari...) di pazienti che non rispondono o recidivano con altre psicoterapie.
Alla base ci sono quelle attribuzioni di significato che si nascondono dietro i sintomi, i cosiddetti “schemi”, che ci orientano all'azione: sono quelle emozioni, pensieri, ricordi, sensazioni fisiche più o meno dolorose ed invalidanti che si sviluppano se i bisogni primari (sicurezza, stabilità, accettazione, amore, fiducia, protezione, autonomia, autocontrollo, gioco...) non sono stati adeguatamente soddisfatti nella prima infanzia.
Per questo ho imparato a lavorare prestando grande attenzione alle emozioni e a tutti quei bisogni poco riconosciuti di coloro che si affacciano al mio studio: insieme compartecipiamo ad una ricostruzione adattiva per soddisfare quei diritti non validati, che vadano a favorire nel presente del paziente esperienze nuove e correttive.
Buona parte della comprensione delle difficoltà attuali mi arriva dalla rievocazione di episodi e dinamiche dell’infanzia e dell’adolescenza, nonché dagli stili di attaccamento genitoriali.
E poi metto una grande enfasi sulla relazione terapeutica, in modo delicato ed estremamente chiaro, creando quella base sicura di fiducia che si immagina sia mancata nella genitorialità. L’accoglienza empatica viene rielaborata nel setting terapeutico immaginando che il paziente possa finalmente relazionarsi con una figura di supporto accudente e protettiva, così che si attivi un cambiamento e si corregga il suo vissuto traumatico (inadeguatezza, colpa, vergogna...). In quest’ottica, il mio è un ruolo fortemente attivo nell’aiutare la persona a raggiungere gradualmente i propri obiettivi.
E’ un “gioco” delle parti che attiva più componenti, tutti ugualmente strategici: quella più vulnerabile del paziente (il cosiddetto bambino vulnerabile), le sue diverse strategie (disfunzionali) di fronteggiare gli “intoppi”della vita, la sua parte severa, criticante e svalutativa (la cosiddetta parte genitoriale punitiva interiorizzata) ed infine le sue parti sane (il cosiddetto adulto sano). Solo costruendo un dialogo attivo con ognuna di esse la“cura”prende forma ed il paziente impara dapprima a riconoscere, poi ad esprimere e consapevolizzare ed infine a (ri)modulare le sue emozioni ed i suoi bisogni imprescindibili, riducendo le sue sofferenze e trasformando, poco per volta, le sue strategie di vita.