"Vorrei provare ad andare avanti. Ma non voglio dimenticare."
Un lutto. La vita stravolta, il rinarrarsi con quella frattura: l'evento segna insesorabile un "prima"/"dopo" che caratterizzerà tutta la storia personale, da quel momento in poi.
La terapia dell’EMDR non fa dimenticare nulla: restano intatti i ricordi, le sensazioni, i profumi. E' importante rassicurare il paziente che ha perso un familiare, un caro amico, qualcuno della cerchia degli affetti più stretti: la possibilità di una celebrazione quotidiana della persona deceduta resterà intatta, passerà il dolore cogente, ma non quella malinconia struggente e in fondo un po' adattiva del ricordo della perdita.
La ricerca ha dimostrato che a seguito di un evento stressante, soprattutto in casi altamente traumatici come l'esperienza della morte di un proprio caro, c’è un’interruzione del "normale" modo di processare l’informazione da parte del cervello.
In pratica gli aspetti di memoria, pensiero, sensazioni fisiche ed emotive correlati al TRAUMA non si integrano nè tra loro nè con le altre esperienze quotidiane: ecco perché quel pezzettino di informazione viene congelato nella sua forma ansiogena originale e impedisce di "andare avanti".
I movimenti oculari e ritmici tipici della terapia EMDR, concomitanti con l’individuazione di una delle immagini traumatiche legate all'esperienza del lutto - da poco con una paziente ho lavorato sul momento in cui ha ricevuto la telefonata dell'ospedale che le comunicava il decesso della madre, con un altro sull'ultima volta che ha salutato il padre - con quel reiterato, cadenzato e rassicurante "far venire quello che viene" o "andare avanti su quello" (magari ricordando al paziente, tra una sessione e l’altra, che si sta lavorando sul dolore del passato, ma ora è qui, al sicuro, nel NOSTRO presente), possono facilitare la rielaborazione dell’informazione, fino alla risoluzione dei condizionamenti emozionali più profondi che ne impediscono l’evoluzione.