Adolescenti: tra il non più e il non ancora

Gli adolescenti che arrivano in seduta hanno molte situazioni da discutere; spesso vogliono solo condividere certi eventi della loro vita, magari affettiva o sessuale, oppure lasciarsi andare a lamentele circa la scuola o la famiglia, alla ricerca di un alleato che li comprenda e li capisca, ma muovendosi con estrema cautela prima di "lasciarmi entrare": tocca a me allora offrire loro i mezzi per aprirsi più in profondità.

Non più nel mondo dell’infanzia e non ancora al mondo degli adulti, siamo nel pieno della crisi di passaggio e di rottura tipiche di chi attraversa questo momento della vita, in un vero e proprio sconvolgimento: del corpo, delle emozioni, delle comunicazioni e delle relazioni. Si tratta di una crisi che non riguarda solo il giovane, più spesso ad esserne coinvolto è l’intero sistema-famiglia.

L’adolescente che mi trovo innanzi talora è disorientato: oscilla tra il voler approdare ad una modalità adulta di porsi (che adulto voglio essere, chi non voglio diventare) e la fatica ad uscire da quella zona di confort dell’infanzia, ancora accoccolato nella rassicurante protezione genitoriale.

E spesso ad essere simmetrico è lo stesso genitore, che fatica a trovare la “giusta” distanza dal figlio, con il rischio di sbandamenti agli estremi: o lo controlla come se fosse ancora un bambino, o ne prende troppo le distanze, facendolo sentire abbandonato. E’ un balletto a due, a volte a tre, a quattro: sfinente, così precario, così sottile.

Per esperienza: se l’adolescente si sente sostenuto dalla rete relazionale primaria, la famiglia in primis, e quella delle relazioni orizzontali con i pari, i compagni di classe e gli amici, è più pronto ad elaborare questa fase di passaggio ed a legittimarsi le emozioni e i pensieri che lo attraversano, anche quelli apparentemente più incongrui, magari vissuti come inaccettabili. Se invece il giovane si sente incompreso o pensa di non avere quella resilienza e quelle abilità residue per affrontare quel che sta vivendo, può capitare una caduta: ansia, depressione, gesti autolesionistici, disturbi dell’alimentazione, fobie sociali, difficoltà ad andare a scuola, episodi di bullismo. In questi casi chiedere aiuto è il primo passo per consapevolizzare lo stato di stallo e provare ad andare oltre.

La restituzione ai genitori è un altro momento fondamentale del percorso: ciò non significa venire a meno al rapporto fiduciario con il giovane o a quanto condiviso solo con me in seduta; considero il coinvolgimento dei genitori parallelo e distinto da quello del figlio. Avere una buona collaborazione con le figure genitoriali mi permette di rafforzare quella rete che deve principalmente sostenere il giovane nel tanto sospirato "salto".

Trova nella pagina "Spunti di riflessione" il mio ultimo progetto tutto rivolto a loro, ai tempi di un covid che bastona e non perdona: isolamento, Dad, fatiche genitoriali.

"Ditemi cosa vi aspettate da me

così lo aspettiamo

tutti insieme"