"Con te non si può parlare!". L'uso "buono" della comunicazione di coppia

Una premessa doverosa: l’articolo che state per leggere tenderà a generalizzare e parlerà di uomini e di donne nella relazione di coppia e dei rispettivi comportamenti ‘statisticamente’ più probabili. Frutto della mia esperienza professionale e personale e dei tanti studi che ho fatto sulla comunicazione umana. Detto questo: posso dirvi di aver incontrato uomini che brillavano per empatia e sensibilità e donne narcise e anaffettive, fortemente centrate solo sul raggiungimento dei propri obiettivi e con cenni di pragmatismo che lasciavano perplessi circa i livelli di testosterone. Sdrammatizzo, ma solo per ricordarvi che quello che si fa qui è semplicemente muoversi con delicatezza e rispetto su quello che comunemente può succedere, ma sono convinta che ogni storia sia a se’ e che ognuno abbia la propria ricchezza, individuale e personalissima.
Ora, se avete voglia di leggerlo insieme al/alla vostro/a partner magari sarà una buona occasione di crescita e confronto - e scommetto che vi strapperà persino un sorriso.

Un po’ per biologia, un po’ per educazione, un po’ per retaggi culturali, gli uomini danno soprattutto importanza a temi valoriali quali il potere, le competenze, l’efficienza, i risultati. Amano risolvere da soli i propri problemi e capita abbastanza di rado che ne parlino, a meno che non abbiano proprio bisogno del consiglio super specializzato di un esperto (‘Perché coinvolgere qualcun altro quando posso fare da solo?’). Chiedere aiuto è percepito come un segno di debolezza.
La donna che consiglia e suggerisce come fare gli sta comunicando che non pensa che lui sia in grado di farlo da solo: insomma, la sua è una manifestazione di sfiducia.
Nota bene: un uomo è spronato a migliorare solo se pensa di poter essere la SOLUZIONE al problema, non se sente di identificarsi - o si sente IDENTIFICATO - con il problema stesso.
E qui viene il bello.
Lui ha un turbamento interiore, sta vivendo un momento di difficoltà, ma si sente migliore se lo affronta tra sé e sé, almeno in un primo tempo. Lei capirà invece che lui ha un gran bisogno delle sue domande per essere indirizzato a comprendere meglio quel che lo sta attraversando. Lui vuole solo calmarsi e riacquistare il controllo, non desidera dire o fare nulla che in seguito potrebbe rimpiangere: chiede silenzio, fuori e dentro di se’. Lei chiede, sprona, incalza. Imperturbabile ai chiari segnali di insofferenza di lui.
E chiaramente ognuno reagisce all’altro come vorrebbe che sia fatto per se’.
Allora, quando la propria partner parlerà dei suoi problemi e dei relativi risvolti emozionali, lui sarà convinto di poterle dare il meglio e di dimostrarle tutta la sua disponibilità con un parere qualificato: eccolo sciorinare consigli e strategie concrete e correggerle il tiro con una to-do-list di cosa da FARE; oppure la ascolterà un po’ distratto (ma solo perché fa davvero una gran faticaccia a star dietro a quella modalità comunicativa).

Lei: ‘Vorrei mollare tutto!’
Lui: ‘Se il tuo lavoro non ti piace, lascialo.’
[... E qui che il signore gliela mandi buona (a lui).]
Una mente che per natura e consuetudine è votata al problem-solving razionale non può astenersi dal sollecitare una soluzione immediata, anche se un po’ fuori dal vaso - per dirla con un gergo non proprio tecnicissimo, ma che rende bene l’idea.
Da una parte (lei) c’è un esordio drammatico, una lamentela stanca, certo: un po’ esagerata, un po’ generalizzata, ma in perfetto stile femminile; dall’altra (lui) che ci ha provato, ma si è sentito brutalmente respinto, non sa più cosa fare per cambiare le cose e si incazza perché la/le soluzione/i proposta/e non l’ha/l’hanno fatta sentire meglio.
Risultato? Lui non si sente per nulla indispensabile, lei si sente sola, giudicata, minimizzata.

Le donne tendono a diventare tristi, nascondono il dolore rifugiandosi nell’ansia e nella preoccupazione perché temono il livore e la rabbia, gli uomini nascondono il loro dolore con la rabbia perché hanno una gran paura di tristezza e afflizione.
Le donne sono un po’ come delle onde, finché crescono hanno un sacco di amore da dare, ma la natura femminile (e dell’onda) nella fluttuazione della discesa può precipitare rovinosamente e trascinare con sé tutto quello che ha sotto tiro. E quanto più lui è terrorizzato dalla sua emotività, dal fatto che vede che quando lei è in crisi perde la capacità di pensare in modo logico, piagnucola, diventa sarcastica, tanto più sbaglierà sempre qualcosa, proprio perché avrà il terrore di farlo: si sentirà frainteso, respinto, allontanato. E pensare che invece era animato dalle migliori intenzioni.
Solo l’odore di una profusione di sentimenti della partner gli darà l’impulso di staccarsi un pochino, giusto quel che basta per ritrovare il suo equilibrio e stemperare tutta questa intimità: come un elastico, lo tiri, lo tiri... arriva fino a un certo punto prima di scappare all’indietro.

Niente paura, non siamo alieni, c’è la biologia della nostra: c’è un ormone tenerissimo, l’ossitocina, meglio noto come ‘l’ormone delle coccole’: quanto più la delusione è alta, tanto più la produzione di ossitocina si blocca - e lei chiaramente la andrà a cercare e ricercare strenuamente in chi le sta accanto, semplicemente come ha sempre fatto. D’altro canto è così per la secrezione del testosterone nell’uomo: se aumenta gli consentirà di abbassare i livelli di stress, cosicché lui si sentirà più sicuro delle sue capacità, del suo successo, del conseguimento dei risultati. Viceversa, è un bel guaio.

Mi è capitato più volte in terapia di coppia dìincontrare uomini che al termine di un intervento della compagna, emotivamente denso e pregnante di significati, mi guardassero attoniti, non capendo di che cosa LEI avesse davvero bisogno.
Ora, poche ma buone, per gli uomini:
- ad una richiesta semplicissima di ascolto da parte di lei, che cerca affetto, empatia e interesse, magari a partire da un lamento (stanchezza, fatica, delusione), si può ‘accogliere’ e ’disinnescare’ con una roba del tipo: ‘Già, sentirsi sotto pressione è sempre spiacevole, ti capisco benissimo.’ E poi, cari uomini, sappiate che nella testa della donna il tutto potrebbe banalmente finire con un lungo abbraccio;
- evitate di mortificarla, di alzare la voce, o di diventare freddi e distaccati; su tutte, per carità, vietata la classica frase accendi-miccia: ‘Non dovresti sentirti così.’ (Lei: ‘Me lo vuoi dire TU come mi devo sentire?’), ma cercate invece di ascoltarla per capire meglio: ‘Non mi è molto chiaro, forse stai dicendo che...?’ oppure: ‘Forse hai la sensazione che...?’. O, facile facile, chiedete una tregua: ’Ok, dammi solo il tempo di rifletterci su.’ Parlarne a bocce ferme è sempre una gran cosa, magari dopo che le avrete preparato una tazza di the.

E per le donne:
- se lanciate al compagno una frase come: ‘Con te non c’è speranza, sei solo testa!’ lui sicuramente si chiederà che cavolo ci sia di così sbagliato nel tenere almeno salda la testa (‘In che altro modo potrei risolvere il problema?’). Oppure, di nuovo: ‘Non mi parli mai con il cuore!’: sappiate che finché userete un codice comunicativo tutto al femminile lui non avrà veramente la più pallida idea di che cosa stiate parlando;
- buona cosa è riappropriarsi di quel se’ che è indipendente dal partner: ma lo sapete che l’ossitocina cresce in tanti luoghi? Al cinema, a teatro, ad un concerto, dall’estetista, al mercato, nell'orto, in un negozio di libri, a cena con un’amica, riorganizzando l’armadio, cantando sotto alla doccia, ad un corso di fotografia. Parlando con la propria terapeuta. E con l’ossitocina stellare sarete più disposte a dichiarazioni brevi e dirette, senza ramanzine e menate.

In generale, e questo vale per entrambi, rosolatevi bene, morbidi e a fuoco lento, attenti l’uno all’altra, giorno dopo giorno. Ma non dimenticate che una vita di coppia che funziona davvero prevede anche dei sostegni, quelli che noi psicologi chiamiamo ‘fattori protettivi’: altri, altro. Amici, viaggi, sport, hobbies, un percorso personale - o a due - di ascolto e di supporto. Un po’ insieme, un po’ ognuno per se’.