Rompere i confini dei falsi copioni

Mi capita di incontrare pazienti bloccati in una fase di stallo comunicativo. Non importa chi sia l’interlocutore: il marito, la moglie, un collega, un amico, un ex, il capoufficio. Quanti di noi intrattengono una conversazione, prima ancora che avvenga? Di solito, lo facciamo quando siamo incerti sull’esito. O quando desideriamo ardentemente qualcosa. O quando dobbiamo opporre resistenza ai desideri dell’altra persona. Immaginiamo cosa diremo noi, e ci figuriamo le battute del nostro interlocutore al momento giusto. In questo senso siamo tutti commediografi o drammaturghi, in un momento o l’altro della vita. Costruiamo un’intera scena in anticipo, come in un’opera teatrale, o in una sceneggiatura, o in un apparato scenico. Ci mettiamo il colore e il paesaggio che la scena richiede. Il nostro protagonista lo conosciamo già, e gli scriviamo persino le battute. Prima, lui dirà quello, poi io gli risponderò questo. E se ribatte con quella idea, io controbatterò con questa. L’opera è già scritta. Le prove sono filate lisce. Non c’è nulla che possa andare storto: sarà sicuramente un successo. Ma questo genere di rappresentazione si attiene alla sceneggiatura solo raramente. Perché il nostro interlocutore non ha partecipato alla sua stesura. E spesso si astiene dal pronunciare le battute che gli abbiamo scritto. Non vale, allora, stupirsi. Il risultato è uno solo: dobbiamo buttare il vecchio copione e scriverne immediatamente uno nuovo. Dobbiamo improvvisare. Dobbiamo creare un nuovo dramma, scrivere nuovi dialoghi. Perché  è questo lo specifico di ogni conversazione: non si può mai scrivere completamente in anticipo, prima che sia pronunciata. Non fate l’errore di ritrovarvi stretti in perimetri comunicativi irrealistici - magari peggiori, magari migliori, sicuramente illusori: allargate gli orizzonti, pensate che l’altro è diverso e basta, portatore di istanze personali e magari del tutto inaspettate.