La magia dell'ascolto attivo

Leggendo da tanto tempo un po’ di pensieri e riflessioni sulla genitorialità e l'età dell’adolescenza ho sintetizzato tre tipologie di essere-genitori:
a) i vincitori
b) i perdenti
c) gli indecisi

Alla prima categoria appartengono tutti coloro che dicono: ‘so io cos’è meglio per te’, vogliono l’obbedienza e se la conquistano a suon di minacce e punizioni.

Nella seconda categoria rientrano tutti coloro che non esercitano la propria autorità genitoriale e non vogliono frustrare i bisogni dei pargoli: ‘bisogna lasciargli tutta la libertà che chiedono, è un loro diritto’.

Nell’ultima categoria rientrano i confusi e gli incerti: a volte cattivi irreprensibili, altre morbidi e accoglienti.

Ve lo dico fin da subito: i figli più disturbati, quelli che fanno più fatica ad orientarsi nel mondo - oggi e nel loro futuro di brave personcine adulte - sono quelli dei genitori della terza categoria, soprattutto laddove i messaggi verbali/non verbali siano  incoerenti, tra finti silenzi di assenso (ma in realtà estremamente giudicanti) e un permissivismo a parole, non correlato però  dall’accettazione dello sguardo o dalla compliance delle mani e della postura del corpo. Il succo: tanto maggiore sarà la difficoltà a trovare un esempio responsabile ed autorevole che li aiuti ad ’assumersi‘ la piena funzione di adulto, tanto più gli adolescenti funzioneranno senza una chiara definizione di un altro-al-fuori-di-se’; possibili narcisisti che nasconderanno la propria fragilità dietro alla strafottenza. Eh già: si sono sentiti confusi, presi in giro, vittime del mondo, tocca che si prendano la loro rivincita personale.

Quando un ragazzo estremamente chiuso tenta per la prima volta un approccio con il genitore, magari raccontando un episodio scolastico o affettivo che lo riguarda, occorre che l’adulto metta in campo quello che noi psicologi chiamiamo ’ascolto attivo’ unitamente al ‘refraiming’, ovvero una riformulazione dei suoi racconti a partire dal significato che trasmettono.
Un ascolto di questo tipo lancia chiari segnali di apertura:
’Ma non mi dire!’
‘Incredibile!’
‘Ma veramente?’
Mettere lui al centro della conversazione, con un TU che suoni forte e inequivocabile. TU, non ‘IO farei... direi...’ oppure ‘un tempo anche IO...’: è LUI il vero protagonista del suo racconto, dei suoi sentimenti, dei suoi vissuti, dei suoi problemi. Diverso il tempo, la società, l’era virtuale che papà e mamma alla sua età manco sapevano che cosa fosse.

Figlia: ‘Mi sembra di non piacere ai ragazzi, preferisco tacere quando c’è uno carino in giro.’
Mamma: ‘Tu non parli perché non sei rilassata.’
Figlia: ‘Sì, perché temo di dire qualcosa che mi faccia apparire sciocca.’
Mamma: ‘Tu vuoi che non ti considerino solo per l’aspetto fisico, ma che pensino che sei anche una persona dotata di intelligenza.’
Figlia: ‘Sì, ma anche restando zitta rischio di sembrare comunque tonta.’
Mamma: ‘Forse potresti pensare di cambiare strategia.’
Grazie all’ascolto attivo la figlia ha acquisito autonomamente la capacità di attivare un piccolo cambiamento.

Il figlio in questo modo trova nel genitore una cassa di risonanza al suo sentire: le sue emozioni non sono giudicate incongrue o irrilevanti, ma ha imparato che potrà trovare comprensione e attenzione (un’attenzione vera!) da parte della sua figura adulta di riferimento. Ne beneficerà la sua autostima e si sarà creato un primo ponte per poter continuare a comunicare così nel tempo. Ve lo riassumo in una parolina che sprizza stelline magiche: la FIDUCIA sta tutta qui.