L'importanza del gruppo dei pari: l'amico del cuore

"Oggi è stata una giornata difficile", disse Pooh.
Ci fu una pausa.
"Vuoi parlarne?" chiese Pimpi.
"No" disse Pooh dopo un po’. "No, non credo". 
"Va bene," disse Pimpi, e si sedette accanto al suo amico.
"Cosa stai facendo?" chiese Pooh.
"Niente" disse Pimpi. "Solo, so come sono i giorni difficili. Molto spesso non va di parlare neanche a me nei miei giorni difficili".
"Ma... " continuò Pimpi, "I giorni difficili sono molto più facili quando sai di avere qualcuno lì per te. E io sarò sempre qui per te, Pooh."
E mentre Pooh sedeva lì, rimuginando sulle difficoltà della giornata, mentre Pimpi sedeva accanto a lui in silenzio, facendo oscillare le sue piccole gambe... pensava che il suo migliore amico aveva proprio ragione."
(Milne)
 
A volte nel gruppo dei pari passano valori che un genitore non sempre coglie. Mode, tempi, società.
Il taglio dei capelli, la lunghezza di una gonna o di un pantalone, il colore di una maglietta ('Nero! Voglio vestirmi solo di nero'!), un tatuaggio o un piercing. Creano appartenenza, complicità. Così come nessuno di noi vuole modificare un comportamento se pensa di non nuocere al suo prossimo, un ragazzo valuterà il danno sull'altro e si rifiuterà di modificare un atteggiamento, una scelta o un outfit se crederà che non possa arrecare alcun disturbo.
Più il genitore si incaponisce sulla limitazione della libertà del figlio, più questo rischia di esacerbare il comportamento con atteggiamenti evidentemente provocatori, al limite della decenza - o semplicemente del buonsenso.
Uno sguardo al gruppo degli amici, magari anche una parola con qualcuno di loro quando lo si ha a tiro: in una pausa merenda, fuori dall'ultima partita di basket, mentre si riaccompagna a casa dopo un domenica pomeriggio passata col figlio, può aprire un nuovo scenario. O banalmente aiutare il genitore ad avere un pezzo in più del puzzle complesso dell'identità sociale, dove il figlio non è che uno dei tanti.
 
Un'altra cosa che può rivelarsi utilissima è il confronto aperto con l'altro: lo sapete anche voi, la strada che precede l'anticamera dello psicologo è lunga e tortuosa (vi devo contare quante volte mi son sentita dire: 'Lei dottoressa è la nostra ultima spiaggia!'?). L'altro può essere facilmente un altro 'genitore' (inteso come educatore) di vostro figlio: insegnante, babysitter, nonno, parente, caposcout, consulente, preside. Oppure il genitore di un coetaneo, che sta un po' vivendo quella roba lì, solo sotto un altro tetto!

Nota: l'immagine pubblicata è di Alessia Castelli, classe 1989, Digital Artist & Photographer, psicologa mancata che ha fatto della sua capacità di ’vedere’ l’arte una sorta di (auto)terapia.
Se volete saperne di più su Alessia e la sua arte, cercate su Facebook e Instagram: Fogra Artz.